giovedì 13 novembre 2014

Le armi della mattanza


Da Milazzo (Me) le forniture per le tonnare siciliane e calabresi

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La mattanza, il selvaggio ed antichissimo rituale durante il quale le nerborute braccia dei tonnaròti issavano la cùlica o camera della morte - l'unica in tonnara ad essere munita di fondo - infilzando i grossi tonni con arpioni, le armi della mattanza appunto, alle quali dedichiamo questo breve contributo.

Nella sala dell'ex Carcere Femminile di Milazzo dedicata alle imbarcazioni di tonnara fa bella mostra di sé un manico di croccu tornito ma sprovvisto di lama (uncino o croccu per l’appunto). Cosi come gli altri reperti esposti, anch’esso proviene dal magazzinotto sito sotto la casa dei maestri d'ascia F.lli Stefano e Giovanni Providenti (a Milazzo in via Madonna del Lume), i quali lo costruirono verisimilmente intorno al 1960, rimanendo tuttavia invenduto. I maestri d’ascia in questione erano infatti specializzati nella costruzione delle aste lunghe e piccole, rispettivamente denominate ‘mpinnajaddìne e manici ‘i crocca (o semplicemente crocca), che coi loro uncini venivano impiegate nella fase cruenta della mattanza per infilzare i tonni. Realizzato in faggio evaporato e lungo 65 cm, tale manico sprovvisto di croccu si compone di più sezioni troncoconiche per evitare lo scivolamento delle mani.

La documentazione d’archivio del Cantiere Providenti attesta diverse committenze di ‘mpinnajaddìne e manici ‘i crocca. Nel maggio 1930 Lucio Salamone in nome e per conto degli eredi del conte Cumbo acquistava dai Providenti per la Tonnara di S. Giorgio «24 crocca completi con manichi e 18 aste inpennagalline». Nel febbraio del 1934 giungeva da Trapani questo ordine di Pietro Adragna, amministratore delle Tonnare Oliveri & Salicà:

«Spett.le Ditta Francesco Providenti & Figli, Milazzo.

A pregiata Vostra 10 corrente. Saremmo disposti passarvi una commissione di n. 10 aste impennegallina e 100 manici per crocchi, ma i prezzi che ci proponete li troviamo veramente esagerati. Se siete disposti ad una riduzione possibile volentieri Vi sentiremo e colla occasione ci farete conoscere, specialmente per le aste, oltre alla lunghezza di 4 metri quale sarebbe la loro circonferenza ed il diametro e se si tratta di faggio stagionato. Anche per i manici ci piacerebbe conoscere il diametro e se potreste darci i pezzi, meglio se già arrotonditi, pensando noi a rifinirli. In questo caso ci farete conoscere il prezzo in questo senso.

In attesa di leggervi, gradite distinti saluti».

La risposta giunse da Milazzo una settimana dopo. I F.lli Providenti comunicarono che le «aste impennagalline» lunghe 5 metri avevano un diametro di 40 mm, ma non erano al momento disponibili. Più corte e col medesimo diametro avrebbero avuto un prezzo di lire 9,60 cadauna. I «manici di crocchi» avevano invece un diametro di 50 mm e costavano lire 4,80 cadauno: si sarebbero forniti torniti, escludendo però qualsiasi fornitura di pezzi grezzi.


Tonnara del Tono, un croccu durante la mattanza. Alla sua destra, una lunga asta ‘mpinnajaddìna.



Da Trapani giunse così l’ordine per 10 aste e 100 manici, ribassando però di 30 cent il prezzo tanto delle une, quanto degli altri, il tutto spedito all’indirizzo di Filippo Sidoti Pinto ad Oliveri. In data 27 marzo 1934, in seguito al ricevimento della merce, l’amministratore Adragna manifestava la sua insoddisfazione, «perché delle 10 aste 6 [erano] di lunghezza di molto inferiore a quella richiesta». Da parte loro i Providenti risposero giustificandosi con la mancanza di legname di adeguata lunghezza, riservandosi di far meglio in futuro in caso di nuova ordinazione.

Aste ‘mpinnajaddìne e crocchi furono ordinati l’8 marzo 1950 anche dalla Tonnara Angitola di Vibo Marina. Così scriveva il Cantafio a Stefano Providenti:

«Ci occorrono 50 crocchi per battere i tonni, più 20 aste da metri tre con gancio e 6 aste da m. 4 con gancio. Ci fate sapere la spesa per rimettervi l’importo. Vi preghiamo fare un prezzo giusto. Se capitate a San Giorgio dal comm. Salamone cercate del rais Cannuci Rosario, così lui vi dirà come sono. Anche a Milazzo abbiamo un marinaio a nome Calascione Alberto, figlio della buonanima di mastro Domenico, che era a Vaccarella con Battaglia.

In attesa di leggervi Vi salutiamo».


Una fattura emessa il 19 maggio 1958 attesta un’ulteriore fornitura di 50 «manici di crocca torniti completi di lama» a favore della Tonnara De Riso Vinci, anch’essa di Vibo Marina. Così scrissero i F.lli Providenti circa un mese prima:


«(…) Vi comunichiamo che i crocca che avevamo già pronti li abbiamo già spediti alle tonnare, se credete vi possiamo servire per la vostra ordinazione non prima del 25 corrente mese circa. Vi possiamo dare anche remi di prima scelta da palmi 20 in giù, prezzi a richiesta, come abbiamo mandato alle tonnare a Tripoli. Alla presente vi facciamo uno schizzo dei crocca, perché non ci avete mandato a dire se debbono essere complete di gancio oppure solo manico. In attesa di vostri pregiati ordini Vi salutiamo».





Cantiere Providenti: manico di croccu lungo 67 cm e particolare della sezione tronco-conica (esposizione museale c/o ex Carcere Femminile, Milazzo).


Lo schizzo contenuto nella missiva appena citata raffigurava un manico di 55 cm di lunghezza (escluso l’ingombro dell’uncino) con forma tronco piramidale per evitare lo scivolamento delle mani bagnate dei tonnaròti.

«Crocchi e ‘mpinnajaddine venivano costruiti nel cantiere Providenti nei periodi in cui il lavoro veniva a mancare. Mastro Stefano e mastro Giovanni - ricorda Gianni Chillemi - affidavano a noi dipendenti questo genere di lavorazione quando c’era penuria di committenze di manutenzioni o di nuove costruzioni di imbarcazioni, ad esempio in inverno. Le aste ‘mpinnajaddine - dai 2 ai 4 metri di lunghezza - venivano realizzate impiegando solitamente faggio evaporato (di colore rossiccio) e qualche volta pitch-pine. Il faggio grezzo veniva squadrato con la sega (serra) e appianato con la pialla, quindi veniva tornito a mano attraverso l’ausilio del pialletto. L’uncino era invece opera dei mastri foggiàri di Milazzo, i F.lli Lombardo, i quali a tale scopo riutilizzavano di norma vecchie lime quadre. I manici ‘i crocca, invece, venivano costruiti impiegando esclusivamente faggio evaporato. Erano lunghi 60-70 cm e avevano più sezioni troncoconiche per impedire lo scivolamento delle mani: a tal proposito, così come le aste ‘mpinnajaddine, erano dotati a volte, all’estremità inferiore del manico, di un foro attraverso il quale si faceva scorrere una corda, la quale avrebbe consentito di recuperare l’attrezzo nel caso fosse scappato dalle mani. In faggio evaporato - prosegue mastro Gianni Chillemi - realizzavamo anche sassole e bozzelli, altra specialità del cantiere Providenti. Le sassole venivano realizzate impiegando scalpello, martello ed ascia, quest’ultima utilizzata per scavare l’interno di ciascuna sassola. Le carrucole dei bozzelli venivano però eseguite in legname di ulivo: la loro scanalatura veniva incisa a mano con la raspa a tondino e col successivo passaggio al tornio»[1].




 

[1] Tra gli articoli che venivano forniti dal cantiere Providenti anche il catrame, la pece e lo zappino, quest’ultimo richiesto dai pescatori per tinteggiare le vecchie “rizze” di cotone: si trattava di un preparato - ricavato dall’omonimo legname - che si miscelava con acqua bollita, per poi essere applicato sulle reti prima che si raffreddasse. Una lettera commerciale del 1933 ricorda un ordine indirizzato dai F.lli Providenti alla ditta Antonino Russo di Trebisacce per la fornitura di 1.500 kg di zappino.