La mattanza, il selvaggio ed antichissimo rituale durante il quale le nerborute braccia dei tonnaròti issavano la cùlica o camera della morte - l'unica in tonnara ad essere munita di fondo - infilzando i grossi tonni con arpioni, le armi della mattanza appunto, alle quali dedichiamo questo breve contributo.
Nella sala dell'ex Carcere Femminile di Milazzo dedicata alle imbarcazioni di tonnara fa bella mostra di sé un manico di croccu tornito ma sprovvisto di lama (uncino o croccu per l’appunto). Cosi come gli altri reperti esposti, anch’esso proviene dal magazzinotto sito sotto la casa dei maestri d'ascia F.lli Stefano e Giovanni Providenti (a Milazzo in via Madonna del Lume), i quali lo costruirono verisimilmente intorno al 1960, rimanendo tuttavia invenduto. I maestri d’ascia in questione erano infatti specializzati nella costruzione delle aste lunghe e piccole, rispettivamente denominate ‘mpinnajaddìne e manici ‘i crocca (o semplicemente crocca), che coi loro uncini venivano impiegate nella fase cruenta della mattanza per infilzare i tonni. Realizzato in faggio evaporato e lungo 65 cm, tale manico sprovvisto di croccu si compone di più sezioni troncoconiche per evitare lo scivolamento delle mani.
Nella sala dell'ex Carcere Femminile di Milazzo dedicata alle imbarcazioni di tonnara fa bella mostra di sé un manico di croccu tornito ma sprovvisto di lama (uncino o croccu per l’appunto). Cosi come gli altri reperti esposti, anch’esso proviene dal magazzinotto sito sotto la casa dei maestri d'ascia F.lli Stefano e Giovanni Providenti (a Milazzo in via Madonna del Lume), i quali lo costruirono verisimilmente intorno al 1960, rimanendo tuttavia invenduto. I maestri d’ascia in questione erano infatti specializzati nella costruzione delle aste lunghe e piccole, rispettivamente denominate ‘mpinnajaddìne e manici ‘i crocca (o semplicemente crocca), che coi loro uncini venivano impiegate nella fase cruenta della mattanza per infilzare i tonni. Realizzato in faggio evaporato e lungo 65 cm, tale manico sprovvisto di croccu si compone di più sezioni troncoconiche per evitare lo scivolamento delle mani.
La documentazione
d’archivio del Cantiere Providenti attesta diverse committenze di ‘mpinnajaddìne
e manici ‘i crocca. Nel maggio 1930 Lucio Salamone in nome e per conto
degli eredi del conte Cumbo acquistava dai Providenti per la Tonnara di S.
Giorgio «24 crocca completi con manichi e 18 aste inpennagalline». Nel febbraio
del 1934 giungeva da Trapani questo ordine di Pietro Adragna, amministratore delle
Tonnare Oliveri & Salicà:
«Spett.le Ditta Francesco Providenti & Figli,
Milazzo.
A pregiata Vostra 10 corrente. Saremmo disposti
passarvi una commissione di n. 10 aste impennegallina e 100 manici per crocchi,
ma i prezzi che ci proponete li troviamo veramente esagerati. Se siete disposti
ad una riduzione possibile volentieri Vi sentiremo e colla occasione ci farete
conoscere, specialmente per le aste, oltre alla lunghezza di 4 metri quale
sarebbe la loro circonferenza ed il diametro e se si tratta di faggio
stagionato. Anche per i manici ci piacerebbe conoscere il diametro e se potreste
darci i pezzi, meglio se già arrotonditi, pensando noi a rifinirli. In questo
caso ci farete conoscere il prezzo in questo senso.
In attesa di leggervi, gradite distinti saluti».
La risposta giunse da
Milazzo una settimana dopo. I F.lli Providenti comunicarono che le «aste
impennagalline» lunghe 5 metri avevano un diametro di 40 mm, ma non erano al
momento disponibili. Più corte e col medesimo diametro avrebbero avuto un
prezzo di lire 9,60 cadauna. I «manici di crocchi» avevano invece un diametro
di 50 mm e costavano lire 4,80 cadauno: si sarebbero forniti torniti,
escludendo però qualsiasi fornitura di pezzi grezzi.
Tonnara
del Tono, un croccu durante la
mattanza. Alla sua destra, una lunga asta ‘mpinnajaddìna.
Aste ‘mpinnajaddìne e
crocchi furono ordinati l’8 marzo 1950 anche dalla
Tonnara Angitola di Vibo Marina. Così scriveva il Cantafio a Stefano
Providenti:
«Ci occorrono 50 crocchi per battere i tonni, più 20
aste da metri tre con gancio e 6 aste da m. 4 con gancio. Ci fate sapere la
spesa per rimettervi l’importo. Vi preghiamo fare un prezzo giusto. Se capitate
a San Giorgio dal comm. Salamone cercate del rais Cannuci Rosario, così lui vi
dirà come sono. Anche a Milazzo abbiamo un marinaio a nome Calascione Alberto,
figlio della buonanima di mastro Domenico, che era a Vaccarella con Battaglia.
In attesa di leggervi Vi salutiamo».
Una fattura emessa il 19 maggio 1958 attesta un’ulteriore fornitura di 50 «manici di crocca torniti completi
di lama» a favore della Tonnara De Riso Vinci, anch’essa di Vibo Marina. Così
scrissero i F.lli Providenti circa un mese prima:
«(…) Vi comunichiamo che i crocca che avevamo già
pronti li abbiamo già spediti alle tonnare, se credete vi possiamo servire per
la vostra ordinazione non prima del 25 corrente mese circa. Vi possiamo dare
anche remi di prima scelta da palmi 20 in giù, prezzi a richiesta, come abbiamo
mandato alle tonnare a Tripoli. Alla presente vi facciamo uno schizzo dei
crocca, perché non ci avete mandato a dire se debbono essere complete di gancio
oppure solo manico. In attesa di vostri pregiati ordini Vi salutiamo».
Cantiere
Providenti: manico di croccu lungo 67
cm e particolare della sezione tronco-conica (esposizione museale c/o ex Carcere Femminile, Milazzo).
Lo schizzo contenuto
nella missiva appena citata raffigurava un manico di 55 cm di lunghezza
(escluso l’ingombro dell’uncino) con forma tronco piramidale per evitare lo
scivolamento delle mani bagnate dei tonnaròti.
«Crocchi e ‘mpinnajaddine venivano costruiti
nel cantiere Providenti nei periodi in cui il lavoro veniva a mancare. Mastro
Stefano e mastro Giovanni - ricorda Gianni Chillemi - affidavano a noi
dipendenti questo genere di lavorazione quando c’era penuria di committenze di
manutenzioni o di nuove costruzioni di imbarcazioni, ad esempio in inverno. Le
aste ‘mpinnajaddine - dai 2 ai 4 metri di lunghezza - venivano
realizzate impiegando solitamente faggio evaporato (di colore rossiccio) e
qualche volta pitch-pine. Il faggio grezzo veniva squadrato con la sega (serra)
e appianato con la pialla, quindi veniva tornito a mano attraverso l’ausilio
del pialletto. L’uncino era invece opera dei mastri foggiàri di Milazzo,
i F.lli Lombardo, i quali a tale scopo riutilizzavano di norma vecchie lime
quadre. I manici ‘i crocca, invece, venivano costruiti impiegando
esclusivamente faggio evaporato. Erano lunghi 60-70 cm e avevano più sezioni
troncoconiche per impedire lo scivolamento delle mani: a tal proposito, così
come le aste ‘mpinnajaddine, erano dotati a volte, all’estremità
inferiore del manico, di un foro attraverso il quale si faceva scorrere una
corda, la quale avrebbe consentito di recuperare l’attrezzo nel caso fosse
scappato dalle mani. In faggio evaporato - prosegue mastro Gianni Chillemi -
realizzavamo anche sassole e bozzelli, altra specialità del cantiere
Providenti. Le sassole venivano realizzate impiegando scalpello, martello ed
ascia, quest’ultima utilizzata per scavare l’interno di ciascuna sassola. Le
carrucole dei bozzelli venivano però eseguite in legname di ulivo: la loro
scanalatura veniva incisa a mano con la raspa a tondino e col successivo
passaggio al tornio»[1].
[1] Tra gli
articoli che venivano forniti dal cantiere Providenti anche il catrame, la pece
e lo zappino, quest’ultimo richiesto dai pescatori per tinteggiare le vecchie
“rizze” di cotone: si trattava di un preparato - ricavato dall’omonimo legname
- che si miscelava con acqua bollita, per poi essere applicato sulle reti prima
che si raffreddasse. Una lettera commerciale del 1933 ricorda un ordine
indirizzato dai F.lli Providenti alla ditta Antonino Russo di Trebisacce per la
fornitura di 1.500 kg di zappino.